Il bond, il brut & il cattivik

E’ uno dei business più interessanti e lucrosi nel mondo delle concessioni.

Meglio del petrolio e del gas (che richiedono importanti operazioni di trasformazione). Dietro solo alle spiagge che veleggiano verso l’equazione ricavo=profitto.

E’ il bel mondo delle acque minerali.

Secondo uno studio del 2015 del ministero dell’Economia e delle Finanze (talmente fatto bene e pieno di verità che non è stato rifatto o se è stato rifatto non se ne trovano tracce):

  • Nel 2015 sono stati prelevati dai concessionari 15,8 milioni di litri
  • Per 15,8 milioni di litri è stato pagato un canone di 18,3 milioni di euro pari allo 0,79% dei costi totali di produzione

Rileva ancora il Mef che “con un fatturato annuo del settore delle acque minerali stimato in 2,7 miliardi di euro, nel 2015 i produttori hanno pagato, per i canoni di concessione mineraria e di imbottigliamento, lo 0,68 per cento del fatturato del settore. Assumendo l’applicazione omogenea in tutte le regioni delle linee guida nazionali, tale rapporto sarebbe salito al massimo all’1,73 per cento”. 

Cioè un regalo.

Su questo e su alcune chicche regionali (come le leggi regionali d’iniziativa dei consiglieri di maggioranza e di presunta opposizione eletti nei luoghi delle aziende concessionarie che hanno fatto finta di alzare i canoni…) tornerò tra qualche giorno.

Anticipo solo questa chicca relativa a tre regioni, una per ciascuna area del Paese.

 

L’altro aspetto ancora più curioso è l’affidamento e la durata delle concessioni (il testo del Mef ne enumera alcune perpetue ma è del 2015 e magari non sarà più cosi).

Sempre il rapporto del Mef rileva che “delle 295 concessioni in essere nel 2015 una è stata
rilasciata a seguito di una procedura a evidenza pubblica, esperita nel 2015. Come si è già
osservato in precedenza, la prassi rilevata è l’affidamento diretto attraverso un provvedimento
amministrativo rilasciato su istanza di parte, che in diversi casi configura il rinnovo di concessioni già attive, a favore dello stesso concessionario.  Oltre il 54 per cento delle concessioni rilevate sono state stipulate o rinnovate negli anni successivi al duemila, e quindi in un periodo nel quale era lecito aspettarsi l’esperimento di gare competitive“.

E qui interviene l’Antitrust che rispondendo a una richiesta di chiarimento della Regione Lombardia (la seconda per numero di concessioni) non solo ha riaffermato “la necessità di procedere agli affidamenti delle dette concessioni mediante procedure a evidenza pubblica“, ma ha ricordato che “il soggetto concedente (cioè le regioni, nda) dovrebbe individuare, tra i criteri del bando, modalità che, secondo i principi di trasparenza, equità, non discriminazione, ragionevolezza e proporzionalità assicurino il contenimento dei prezzi e un’adeguata fruibilità per le diverse categorie di utenti finali”. 

Ovviamente è piuttosto complesso che un’azienda possa controllare il prezzo finale del suo prodotto, soprattutto in bar, ristoranti e alberghi, ma una porta è aperta.

Dopotutto la bottiglietta di acqua nel frigo dell’hotel a 5 euro di fondo è già un po’ nostra.

Una risposta

  1. E la Basilicata che ha svenduto le acque del Vulture per uno.spot della Coca Cola? Silenzio su Acqua del Sud spa che apre ai privati…e quella è acqua liscia.Una fettina di limone e viaaa…

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